Ci viene data un’opportunità straordinaria per entrare in un “Antropocene buono”, non perdiamola
“Noi umani, antrophos in greco antico, siamo diventati un agente di trasformazione così rilevante da poter essere considerati una forza geologica sul pianeta, più importante per effetti e ritmo delle eruzioni vulcaniche, della tettonica delle placche o dell’erosione. Con un’indifferenza spericolata, abbiamo dato il via a una nuova era geologica, l’’Antropocene’.”
Questo paragrafo è tratto da “Grande mondo, piccolo pianeta – La prosperità entro i confini planetari”, il libro scritto da Rockstrom Johan, direttore dello Stockholm Resilience Centre e professore di Sistemi idrici e sostenibilità globale all’Università di Stoccolma, insieme a Mattias Klum, fotografo freelance e regista, le cui fotografie sono usate per articoli e copertine di National Geographic, che ne ha curato la parte delle immagini.
Siamo entrati nell’Antropocene, un’epoca in cui le azioni di sette miliardi di persone rischiano di destabilizzare i sistemi naturali della Terra, con conseguenze notevoli sulle società umane.
Nel libro è spiegato come l’umanità abbia raggiunto il punto in cui il pianeta non riesce più a compensare l’impatto dell’essere umano senza conseguenze. Ma abbiamo un’opportunità straordinaria per entrare in un “Antropocene buono” e dare spazio per una crescita prospera, a patto di scegliere la sostenibilità come modello.
Ciò che serve è una trasformazione radicale nel nostro modo di pensare. E’ nostro dovere proteggere le bellezze naturali rimaste sulla Terra, usando la sostenibilità globale per liberare l’innovazione e aumentare la resilienza.
Il nostro è proprio un grande mondo piccolo pianeta: amiamolo.